La prima volta in cui mi sono seduta in meditazione, mi trovavo a Luang Prabang, in Laos, all'interno di un piccolo tempietto dove giovani monaci stavano intonando i canti serali prima di concludere la loro lunga giornata di studio e lavoro. Mi avevano spiegato che "meditare" non significava, contrariamente a quanto pensassi, contemplare l'infinito per giungere a chissà quale illuminante intuizione. Sedersi in meditazione, significava soltanto essere presenti, in ascolto del proprio respiro, senza aspettative.
Dopo neanche pochi secondi d'occhi chiusi e concentrazione sul mio respiro, la mia mente era già corsa altrove ed il mio corpo gridava pietà contro la posizione così innaturale a cui era costretto. Lottai contro la mia mente capricciosa ed indisciplinata, che ovunque voleva essere tranne che con il mio respiro. Quei miei primi venti minuti di meditazione, che ostinatamente comunque mi imposi, furono un'esperienza frustrante e demoralizzante. Ero certa che non ne sarei mai stata capace.
Ma con l'aiuto dei "miei" monaci non mollai, e qualche mese più tardi, mentre stavo camminando in una stradina di Chiang Mai, in Thailandia, fui attratta da un piccolo tempio con il pavimento tappezzato di moquette color smeraldo. Entrai e mi sedetti a terra, di fronte alla statua del Buddha assiso nella posizione "Virasana", con le gambe incrociate e l'indice della mano destra a toccare il suolo. Socchiusi gli occhi e iniziai a focalizzarmi sul mio respiro.
Dalla strada giungevano gli schiamazzi di bambini ed il gracchiare di vecchie motorette, l'abbaiare di cani randagi ed il chiacchiericcio stridulo di donne di ritorno dal mercato. Pullulava la vita attorno a me, nel suo scorrere più naturale e d'un tratto ebbi la sensazione di compenetrarmi con essa, di essere pienamente presente con me stessa, con il respiro del vento che si insinuava tra le serrande socchiuse, con i profumi pungenti emanati dalle coroncine di gelsomino appoggiate sul Buddha, con tutto quanto si stava naturalmente realizzando in quell'esatto istante. Fu una sensazione di una tale intensità, come di una illimitata espansione della mia percezione d'essere uno e tutto nello spazio, da lasciarmi tramortita, quasi impaurita.
La pratica della meditazione mi ha portata a non temere di andare "oltre", insegnandomi che in realtà è "solo" un ritornare a se stessi, entrando in una dimensione di vuoto inesplorato che è totale apertura ed accettazione: la via maestra per una vita serena.
Conduco sessioni di meditazione principalmente servendomi di tecniche di visualizzazione e story-telling, che alterno al più classico breath-work, a meditazione sonora o body-scanning, sempre indirizzando le pratiche alla realizzazione di un profondo benessere interiore.
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